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Cripta della Favana: storia ed architettura

Cripta della Favana: storia ed architettura
Soffitto

Tra i più qualificati e più completi saggi di storia generale, di storia patria, di arte civile e religiosa, di geografia e turismo; tra le migliori enciclopedie, nel menzionare Veglie, gli autori non mancano di rilevare giammai la particolare importanza che riveste la Cripta della Favana, detta dal De Giorgi anche della Furana.

La nostra Cripta pertanto è stata oggetto di studio da parte di numerosi eruditi italiani e stranieri fin dal secolo scorso, come il suddetto De Giorgi nel 1882, il Diehl nel 1894, il Bertaux nel 1903 ed altri ancora, riuscendo così ad essere, nel secolo XX, un interessante argomento in tutti i saggi ed in tutti i Convegni Internazionali che hanno trattato gli insediamenti rupestri civili e religiosi dell’Italia Meridionale nel Medioevo.

Le foto sono di Flavio Vetrano

La chiesa-cripta presenta una forma architettonica arcaica di origine greco-orientale comune nei secoli IX – XI.

Vi si accede lateralmente attraverso un dròmos in cui è stata ricavata una scala di tredici scalini; ha un’unica navata con una piccola abside orientata, non precisamente, a est, secondo un preciso schema liturgico, rivolta cioè ad «Oriente, luogo della luce nascente in contrapposizione all’Occidente, luogo delle tenebre».

Entrando, a sinistra vi è una piccola dipendenza comunicante con due archi che poggiano sopra un pilastro; probabilmente serviva da pastophòrion, locale cioè adibito alle cerimonie preparatorie delle funzioni religiose. Nell’abside vi è addossato un altare di recente fattura, a destra del quale, sotto l’immagine di San Francesco, si nota una nicchia che serviva probabilmente da diakonicòn, cioè deposito dei sacri arredi.

La Cripta, ora annessa al Cimitero Comunale, aveva una funzione cultuale, visto che il ciclo pittorico in essa presente è di natura sacra.

L’affresco della Vergine con Bambino

Tali affreschi, aventi contorni incisi e le aureole di alcuni Santi decorate con stelline anche esse incise, risalgono, secondo unanime opinione degli studiosi, al secolo XV eccezion fatta per qualche dipinto eseguito in epoca precedente.

Essa, contrariamente a quanto si sosteneva fino a poco tempo fa, è legata ad una comunità rurale che la utilizzava esclusivamente a scopo devozionale, e non legata quindi, ad un insediamento monastico eremitico o addirittura, come afferma qualche autore, ad una Abbazia di Monaci Basiliani.

Tuttavia è evidente la presenza del culto di rito greco, riscontrabile negli elementi agiografici, linguistici ed architettonici della chiesa-cripta; in questa però si notano anche elementi del culto latino.  Pertanto, la coesistenza di questi elementi eterogenei danno ulteriore importanza alla nostra cripta, perché rappresenta il passaggio dal rito greco al rito latino.

Gli affreschi sono in continuo deterioramento per cause correggibili, ma richiedenti un accurato studio ed intervento ad opera di specialisti. 

La causa più grave è data dalla lenta demolizione degli affreschi ad opera di microrganismi che producono dei fori con gettito di efflorescenze, come avvalora un chimico dell’Università degli Studi Padova. Il Processo continua formando degli anelli concentrici fino a sfaldare e sfigurare irrimediabilmente le immagini.

Tale deleterio fenomeno è favorito, da circa trent’anni a questa parte, dalla presenza del terreno sovrastante coltivato, il quale assorbe additivi chimici, fertilizzanti ed antiparassitari, nonché sostanze organiche prodotte dalle radici delle piante. Questi “veleni” agiscono come filtranti nella roccia tufacea ed hanno creato i presupposti per una azione corrosiva, mentre le sostanze organiche costituiscono nutrizione per i microrganismi o batteri nitrifìcanti,.

Nonostante gli affreschi necessitino di un certo grado di umidità per una maggiore resa degli effetti cromatici, il terreno sovrastante ha aumentato di gran lunga il valore necessario e ne ha ulteriormente aggravato la conservazione.

L’appellativo “Favana” si riferisce ad un’immagine a mezzo busto di una Madonna con Bambino che si trovava nell’attigua chiesa del convento, alla quale i fedeli, in epoca precedente al sec. XVI, accorrevano per impetrare grazie contro “il male della fava” (‘attuale malattia del favismo). Ciò si evince dalla «Platea del Venerabile Convento di S. Maria della Favana dei Frati Minori Conventuali in Veglie del 1735».

Notizie di: LUIGI MAZZOTTA
tratte dall’opuscolo:
“VEGLIE. CRIPTA DELLA FAVANA – GUIDA STORICO TURISTICA”, a cura del Centro Studi “Terra Veliarum”-Veglie.

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