Home Cultura Recensione: Sulla sponda del fiume Piedra mi sono seduta e ho pianto di Paulo Coelho

Recensione: Sulla sponda del fiume Piedra mi sono seduta e ho pianto di Paulo Coelho

Recensione: Sulla sponda del fiume Piedra mi sono seduta e ho pianto di Paulo Coelho

Casa editrice: Bompiani

Anche stavolta Paulo Coelho non ha scritto un libro: lo ha costruito come un abile architetto, utilizzando gli argomenti come strutture, tutte ugualmente importanti per l’insieme, ma che consentono al lettore di approfondire maggiormente quelle argomentazioni che lo costringono a cercare nel proprio intimo, e non lontano da sé, le cause, o le possibili soluzioni, delle diverse problematiche che lo assillano.

In questo romanzo, l’autore parla delle diverse religioni e del dovere di rispettarle tutte quante, perché la verità è sempre là dove esiste la fede. Insiste sulla presenza di un volto femminile in ognuna delle religioni monoteistiche (quello della Vergine Maria nel Cristianesimo). Racconta delle apparizioni a Lourdes dell’Immacolata Concezione. Si sofferma sui Carismatici, i gruppi di preghiera sorti sul desiderio di tornare all’innocenza originale del Cristianesimo e alla fede incrollabile, capace di spostare le montagne.

E non manca di ritornare sull’argomento che gli sta a cuore, quello di raccomandare quanto sia importante perseguire i sogni, anche a costo di correre dei rischi, per non doversi mai rammaricare d’aver sprecato la propria vita.  

Ma è l’AMORE, quel sentimento che forse ci fa invecchiare anzitempo e ci rende giovani quando la gioventù è passata, il vero protagonista, presentato in tutte le fasi, dal suo sorgere, embrione ancora, nel cuore di adolescenti; lungo il difficile percorso della sua crescita, segnato da momenti di grande gioia e altri di confusione o d’intenso dolore, fino all’esplosione meravigliosa, nella completa fusione di due corpi e due anime.

Coelho farà sì che siano la giovane Pilar e il suo compagno a presentarcelo, raccontando se stessi.

“Io ti amo”, è la frase rimasta soffocata, per timidezza, nel cuore di un adolescente, lo stesso che vent’anni più tardi dirà all’amica d’infanzia: “Ti ho sempre amato”.  Questo sta a dimostrare che l’amore tra ragazzini, che sempre si tende a scambiare per gioco o emulazione degli adulti, non va sottovalutato perché merita, invece, grande rispetto e tanta, tanta attenzione.

Le persone s’incontrano, si scontrano, si lasciano; cambiano. L’amore esiste di continuo: può nascere, lasciarsi conquistare, ma anche essere calpestato e tradito; può persino morire provocando immane sofferenza e la chiusura ermetica del cuore. Basterà lasciare aperto solo un piccolo spiraglio per vederlo riapparire, infiltrarsi e prorompere con nuove speranze e nuovi sogni: allora si dovrà fargli spazio e non commettere l’errore di giudicarlo col metro delle sofferenze passate. 

Il vero amore è un atto di totale abbandono. Questo non significa che gli innamorati debbano annullarsi o annientarsi.  No, perché nessuno dei due è un oggetto da usare o un idolo da venerare.  No, perché l’amore non ha mai allontanato nessuno dai propri sogni.  Diventare una sola persona non significa lottare affinché vinca il più forte, ma tendere alla comunione d’intenti e di ideali, dove l’uno opera per far giungere l’altro   alla massima realizzazione, e viceversa. 

“Mi appoggiavo alla sua spalla – racconta Pilar – Il mio amato guidava i miei passi in quel cammino tenebroso, certo che avremmo ritrovato la luce e ne avremmo gioito. Forse, in futuro, ci sarebbero stati momenti in cui la situazione si sarebbe invertita: allora io avrei guidato lui con lo stesso amore e la stessa determinazione, per raggiungere un luogo sicuro dove poter riposare insieme.”  

”Il tuo amore mi ha salvato e mi restituisce ai miei sogni”, dirà il suo compagno. Insieme evocheranno il salmo 167. 

SALMO 137 (136) – CANTO DELL’ESULE


Là sui fiumi di Babilonia sostammo
e piangemmo al ricordo di Sion;
e ai salici di quella terra
sospendemmo le nostre cetre.
I nostri deportatori ci chiedevano canti,
i nostri depredatori, canzoni di gioia.
Dicevano: “Cantateci i canti di Sion!”
Come canteremmo i canti del Signore
in un paese straniero?
Se mi dimenticassi di Gerusalemme
s’inaridisca la mia destra!
S’attacchi la mia lingua al mio palato,
se io  non mi ricordo di te,
se io non ti pongo, o Gerusalemme,
al di sopra di ogni mia gioia!
Ricordati, Signore,dei figli di Edom,
che nel giorno di Gerusalemme,
dicevano: “Spianatela!
Distruggetela sino alle fondamenta!”.
“O Babilonia devastatrice,
beato chi ti ricambierà
il male che hai fatto a noi!
Beato chi prenderà e sbatterà
I pargoli tuoi contro i macigni!

(E’un triste ricordo della caduta di Gerusalemme nel 587 e dell’esilio in Babilonia. 
Il salmista parla secondo la legge del taglione, in vigore ai suoi tempi e lontana ancora dalla morale evangelica.)
Sacra Bibbia, libro dei Salmi

di Dania

Immagine di Dariusz Sankowski da Pixabay

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