Nelle ultime settimane, a seguito di un’accurata indagine della guardia di finanza, si sono alzati i riflettori sulla mensa scolastica gestita a Veglie da un po’ di anni dall’azienda La Fenice di Galatone. Questa circostanza ha fatto guardare con molta attenzione a tutto ciò che ha a che fare con la gestione amministrativa di un servizio tanto più delicato in quanto ha come destinatari privilegiati i bambini che frequentano le scuole vegliesi. La risposta è stata una potente quanto sorprendente reazione da parte della società civile del nostro paese.
I siti locali e le bacheche di tanti si sono riempite di comunicati e commenti, accendendo un botta e risposta che non ha precedenti. Un atteggiamento che al netto di alcune cadute di stile e di talune chiusure preconcette è da ritenersi una vera cura da cavallo al precario stato di salute in cui versa la partecipazione democratica a Veglie.
Sono il primo a sapere che a volte soffriamo di patologie delle quali non ci curiamo e anzi cerchiamo di sottostimare. È quello che è avvenuto nei mesi precedenti all’indagine della guardia di finanza.
La commissione mensa aveva gratuitamente e tempestivamente sottoposto il servizio mensa ad un’accurata attività di valutazione e verifica che aveva fatto emergere tanti piccoli/grandi allarmi degni di un intervento deciso e forte. Ma l’amministrazione comunale, pur avendo osservato il risultato di quest’indagine, ha pensato che non bisognasse allarmarsi più di tanto. A dire il vero questo atteggiamento di sottostima dei problemi della mensa scolastica non è certo una novità degli ultimi anni, ma affonda le sue origini in tempi ben più lontani, quando l’ente comunale assegnava il servizio alla stessa ditta anche attraverso affidamenti diretti reiterati tutti da analizzare.
Quando non ci curiamo di un male non è vero che non abbiamo colpe. Perché quel male impatta su tanti intorno a noi, incide sul benessere della collettività e prima o poi produce effetti indesiderati sotto ogni profilo. Scava voragini di legittimità, produce scompensi sociali e disarciona il senso di fiducia nelle istituzioni.
Quindi quando scegliamo di non vedere i sintomi facciamo tanto male e quel male non è solo una stima al ribasso, è un chiudere gli occhi al futuro nostro e altrui.
È così che in queste settimane affollate di scritti, commenti, post e pubblicazioni sembra si accendano tutti insieme i riflettori su quanto prima era solo in penombra e in penombra veniva lasciato. Il dibattito si accende e questo ci disorienta.
Siamo stati abituati ad un silenzio così assordante che non ci lascia cogliere più nemmeno quelle voci fuori dal coro che non smettono di indicare, rammentare, fare sintesi. Quando si supera la penuria di confronto ogni parola pare nascondere obiettivi altri che ci allontanano dal merito delle cose che invece dovremmo analizzare. Quando si riscalda il tono del confronto i contenuti cominciano ad assottigliarsi e ci concentriamo su chi li veicola cercando nelle voci la traccia dell’inghippo. Ma non c’è nessun inghippo, siamo solo di fronte ad un momento nuovo da valorizzare.
Teniamoci stretta questa nuova fase poiché i prossimi passi andranno compiuti insieme e in fretta, ché l’inizio della scuola è dietro l’angolo e c’è bisogno di tutti per fare le giuste scelte.
Teniamoci stretto il valore educativo del pasto da condividere a scuola insieme alla bellezza dei percorsi scolastici a tempo pieno, che qualificano ancor più la didattica. In questo senso la voce autorevole del consiglio d’istituto arricchirebbe in modo puntuale il dibattito in corso.
Non ci spaventi il confronto: la nostra unicità lo farà sempre scaturire. Non ci sconvolga la denuncia: l’approfondimento e la fatica chiedono giustizia. Non ci meravigli chi si espone, il suo è un servizio da custodire.
Pretendiamo invece che lo stile dello scambio valorizzi la persona sempre. La faccia diventare il centro del fare, del dire, dell’impegno, del merito e del riconoscimento.
Gli amministratori siano incapaci di zittire e intimare. Perché le maggioranze riterranno sempre di essere le prime ad aver fatto e le minoranze le uniche in grado di fare meglio. Ma questo paradigma può cambiare e per farlo il primo passo dovrà essere il nostro. Chè è troppo facile rimproverare gli altri delle nostre stesse mancanze.
I cittadini facciano sempre la loro parte anche quando saranno vilipesi.
Ché la cosa migliore di esserci è solo esserci sempre e insieme.

Angelo Cipolla